Quanto influisce sulla salute mentale la pandemia da Covid-19? In questi giorni di emergenza sanitaria è la dottoressa Iolanna Chiappini, psichiatra presso il centro di salute mentale ed il pronto soccorso dell’ospedale di Sesto San Giovanni (Milano) a rispondere alle nostre domande. La dottoressa Iolanna Chiappini è una montenerese doc che nonostante la sua giovane età vanta esperienze professionali di rilievo nel settore psichiatrico.
Il coronavirus può essere considerata anche un’emergenza psichiatrica?
La pandemia di Covid-19 è, come ben sappiamo, un’emergenza che ha colpito tutti i fronti della nostra società. E’ un’emergenza dal punto di vista medico-sanitario, sociale, economico e giudiziario che in un primo momento ha richiesto un’assoluta attenzione nella riorganizzazione del sistema sanitario impreparato a far fronte ad una situazione emergenziale di assoluta straordinarietà, e che in un secondo momento ci ha posto davanti molte problematiche riguardanti il benessere psichico delle persone e la loro salute generale. Le strutture ospedaliere non erano pronte a gestire una diffusione pandemica di tale gravità senza che vi fossero poi ripercussioni anche sulle altre patologie mediche. Il risultato è stato, come si è detto abbondantemente, una congestione di tutti i reparti che ha messo in luce anche le gravi e disastrose scelte fatte dai governi passati, quali i tagli dei posti letto e del personale nella sanità pubblica. Ricordiamo che durante la prima ondata della pandemia non solo vi era penuria di mezzi per far fronte all’emergenza (camici, mascherine, respiratori e altre attrezzature), ma c’era carenza soprattutto di tutte le figure sanitarie. E’ stata quindi per noi medici anche una emergenza organizzativa che ci ha messo davanti a molti limiti e ci ha portato a dover attuare nuovi assetti sulle procedure di ricovero tali da permettere, ad esempio nel nostro caso, di ricoverare in sicurezza i pazienti positivi al Covid-19 e affetti da disturbi psichiatrici, per evitare la nascita di focolai interni ai reparti. Parlando invece di come la pandemia, sopraggiungendo inaspettatamente, ha cambiato le nostre vite impattando sulle nostre abitudini, sul lavoro, sulla vita sociale, sulle paure più o meno consce di poter contrarre un virus sconosciuto, e delle conseguenze che questi stravolgimenti hanno avuto sul benessere psichico di tutte e tutti noi, la risposta è sì: il coronavirus può essere considerato anche un’emergenza psichiatrica. I suoi effetti sulla salute mentale hanno dunque interessato, seppur in maniera differenziata, i pazienti colpiti dal Covid-19, la popolazione generale, gli operatori sanitari e ovviamente anche la popolazione psichiatrica, che ha subito per di più un’ulteriore contrazione delle già poche risorse possedute.
Cosa abbiamo potuto rilevare in questi mesi, osservando i fenomeni di massa?
In un primo momento ci sono stati sentimenti di stupore e di incredulità, ma anche di solidarietà: ricordiamo i canti patriottici dai balconi e una identificazione di gruppo nel provare gli stessi sentimenti. Poi c’è stata una diffusione globale della paura di una portata simile a quella esplosa nel 2001 a seguito degli attacchi terroristici alle Torri Gemelle, dove però c’era un nemico più facilmente identificabile. Con la pandemia, invece, la paura indotta da un nemico sconosciuto ha portato, soprattutto nelle fasi iniziali, a fenomeni di fuga e a esodi di massa dal nord Italia al meridione. Durante il lockdown gli effetti psicologici sono stati diversi, da una parte i devoti dello spazio introverso hanno vissuto dei mesi di benessere, tuffandosi nella lettura, nella musica, nei corsi online, e dall’altra parte c’è stato chi si è sentito più schiacciato dall’incubo claustrofobico del confinamento psichico. Successivamente abbiamo tutti iniziato a familiarizzare con questa paura, riadattandoci e imparando a convivere con il virus e la sua intangibilità. Quello che poi si è potuto osservare sono stati sentimenti di rabbia e di malcontento generalizzato, in risposta sia alle proibizioni dei vari decreti sia alle problematiche economiche e alle disparità sociali che la crisi ha messo in evidenza. Durante la fase 2, allorché è stato consentito di tornare ad una certa “normalità”, nella popolazione si sono notate risposte antitetiche: da una parte chi ha continuato a vivere isolato non solo fisicamente ma anche socialmente, perseguendo comportamenti fobici non compatibili con lo svolgimento della vita quotidiana, dall’altra parte chi invece negando l’esistenza del virus ha messo in atto comportamenti assolutamente inadeguati e pericolosi, sottovalutando i rischi (è il caso di chi non ha rinunciato ad assembramenti, ignorando le misure di distanziamento sociale e negando l’utilità dell’uso delle mascherine, per fare un esempio).
Quali ripercussioni psichiatriche ha il Covid-19 nelle persone affette da patologie psichiche e non?
Partiamo innanzitutto dal presupposto che le malattie mentali sono patologie multifattoriali, vale a dire causate da più fattori che possono essere genetici, ambientali, stressanti o provocate da patologie varie, lutti ecc. Se consideriamo che il Covid-19 ha portato con sé moltissimi eventi stressanti – come ad esempio lo stravolgimento delle abitudini quotidiane, l’isolamento sociale, la paura di ammalarsi, il vedere ammalarsi e morire i propri cari, la perdita del lavoro, la crisi economica - allora possiamo ben capire come tutto questo sia un terreno fertile affinché la malattia psichica possa insorgere nella popolazione generale, cioè - nella popolazione sana che non ha mai avuto contatti con i servizi psichiatrici. I dati ci dicono che i fenomeni più frequentemente registrati sono stati i disturbi del sonno; a seguire i disturbi d’ansia, gli episodi depressivi, l’ipervigilanza con condizioni ipocondriache, le condotte di iperalimentazione, l’astenia profusa. Si è inoltre riscontrato un aumento dell’abuso di sigarette, di sostanze stupefacenti e di alcol, causa a sua volta non solo di aggravamento degli stati ansioso-depressivi ma anche dell’aumento degli episodi di violenza domestica, e di diventare una strategia di coping da parte dei più giovani. Queste tipologie di fenomeni si erano già manifestate come conseguenza dell’epidemia da SARS-CoV del 2003. Da uno studio condotto negli USA, l’aumento dei disturbi depressivi emersi finora dall’attuale pandemia risulta di ben tre volte superiore rispetto ai dati del 2019. Un trend quindi maggiore rispetto ad esempio ai gravi traumi collettivi come quelli dell’11 settembre e dell’uragano Katrina. Anche in Italia abbiamo registrato un aumento del trend, ma non ai livelli dell’America. Questo fa evidenziare quanto in Italia nella gestione della pandemia, il sistema sanitario nazionale garantisca le cure a tutte e a tutti, con un impatto sociale diverso da quello che si sta verificando negli USA. Altre conseguenze invece si sono potute osservare in chi già affetto da patologie psichiatriche che ha vissuto l’isolamento ancora peggio rispetto alla popolazione generale. Penso in particolare a quei pazienti che si trovano già soli in casa, con pochissimi mezzi di comunicazione, pochissimi amici e nell’impossibilità di frequentare giornalmente i centri diurni, i gruppi terapeutici e le attività riabilitative:sicuramente tutto questo ha acutizzato e esacerbato le loro fragilità richiedendo da parte dei curanti maggiori rassicurazioni o variazioni delle terapie farmacologiche. Non si è avuto invece durante il lockdown un aumento di ricoveri dei nostri pazienti. Il paziente psichiatrico, condizionato dalle sue scarse risorse e dalla patologia di base, spesso non riesce ad attuare strategie di adattamento e talvolta neppure a seguire le indicazioni istituzionali che vengono diffuse dai media. Possiamo fare altre esemplificazioni. I pazienti affetti da alcuni disturbi di personalità che manifestano difficoltà nel rispetto delle regole, sicuramente faticano di più a rispettare le restrizioni del lockdown, o ancora un paziente fobico vivrà il clima della pandemia in maniera amplificata e trascorrerà la sua giornata esercitando il controllo della contaminazione con comportamenti disfunzionali quali la continua sanificazione e la pulizia estremizzata. Anche questi aspetti sono degli indici di stress che mettono i nostri ammalati a rischio di scompensi e ricadute.
Nei prossimi giorni su www.monteneronotizie.net, sarà sempre la dottoressa Iolanna Chiappini a rispondere ad altre nostre domande sulle conseguenze nel lungo termine degli effetti della pandemia da Covid-19.