MONTENERO DI BISACCIA. Una lusinga al paese non richiesta che finisce per attirare la curiosità di un passante. E già, perché "città" Montenero non lo è, nonostante propositi andati a vuoto in passato. E anche l'indicazione del nome del sindaco, su un cartello di cantiere, è alquanto strana.
Il posto è davanti allo stadio comunale, presso il quale sono in corso i lavori per consolidare un muro che si era incrinato. Ad attirare l'attenzione del lettore il cartello di cantiere, che contiene alcune anomalie. Niente di irregolare, sia chiaro, ma un tantino di ilarità sarà consentita.
Occorre partire dall'alto, dove campeggia la scritta a caratteri maiuscoli "CITTÀ DI MONTENERO DI BISACCIA". Dov'è l'anomalia? Semplice: Montenero non ha il titolo di città. Non l'ha mai avuto, pur avendoci pensato tempo fa, come analizzeremo fra qualche riga.
Il titolo di città non ha valore giuridico, ma solo formale, di prestigio. Nel corso del tempo è cambiata la modalità di conferimento. Un tempo erano richiesti requisiti come il numero di abitanti (dapprima seimila, poi diecimila) e fornire buoni servizi; ora non più.
"Il titolo di città può essere concesso con decreto del presidente della Repubblica su proposta del ministro dell'interno ai comuni insigni per ricordi, monumenti storici e per l'attuale importanza". Così sul Testo unico degli enti locali all'articolo 18.
Montenero questo riconoscimento non lo ha, mentre per esempio San Salvo l'ha ottenuto nel 2007.
In Molise, a parte i centri più grandi Campobasso e Isernia, benché stranamente non Termoli, oppure realtà con una storia secolare come Agnone, sono città Bojano (1982), Venafro (1914), Larino (2000), Riccia (1986).
Quindi competitori alla portata di Montenero di Bisaccia, come si vede, anche perché il numero di abitanti non è più requisito fondamentale a partire dal 1943. In realtà più volte le amministrazioni comunali succedutesi hanno provato ad ottenere il titolo, o meglio ci hanno fatto un pensierino. Negli anni Ottanta era in corso lo studio del nuovo Piano regolatore, il quale prevedeva uno sviluppo economico (turistico e non solo) che avrebbe dovuto portare il numero di abitanti dai poco più di settemila dei tempi a oltre diecimila. Lo strumento urbanistico sarebbe arrivato ad applicazione pratica molto tempo dopo, il numero degli abitanti dapprima sarebbe sceso, per poi assestarsi e infine ricominciare a crollare come negli ultimi quindici anni. La carta dello sviluppo economico, vale a dire la stessa di San Salvo, non è stata possibile giocarla. O almeno non è bastata, perché certa crescita c'è stata.
Ma si può diventare città anche, o soprattutto, se si è "comuni insigni per ricordi, monumenti storici e per l'attuale importanza". Una possibilità che fu valutata dall'allora amministrazione comunale negli anni Novanta, quando Montenero diventò il paese di Antonio Di Pietro. Quale migliore occasione? E invece successe che il montenerese più illustre si diede alla politica, diventando così inevitabilmente più divisivo, e infine pensò di farla anche nel suo paese. Arrivarono così le elezioni comunali del 2000, anticipate di un anno più o meno direttamente proprio a causa dell'irrompere di Tonino nell'agone locale. Presentò una sua lista, con tanto di comizi, in contrapposizione alla maggioranza uscente di centrosinistra. La quale rivinse, ma a quel punto era chiaro che chiedere il titolo di città in nome dell'ex alfiere di Mani pulite, ora politico, era diventato improponibile.
Tornando all'attualità, il cartello di cantiere allo stadio bypassa evidentemente tutto. A compilarlo e farlo stampare può essere stata l'impresa appaltatrice, che non essendo del posto non lo sapeva. E d'altra parte è ben indicato tutto il resto, cioè le informazioni dovute per legge; cosa sarà mai una lusinga per il paese e, attenzione, per il sindaco? Perché in fondo al cartello c'è forse un'anomalia ancora più singolare: la scritta ben in vista "IL SINDACO Simona Contucci".
Ci si sbaglierà, ma sui cartelli di cantiere dei lavori pubblici non si legge mai il nome del primo cittadino. E perché poi? E se quel cartello dovesse rimanere lì per anni, dimenticato come talvolta accade, e nel frattempo l'attuale prima cittadina starà facendo altro, si leggerà ancora per quanto il suo nome a ricordare che ha fatto riparare il muro di cinta dietro lo stadio nell'Anno Domini 2024?