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Quando si stentava a credere che fossero lupi

Dopo l'avvistamento di ieri il racconto di quando tornarono dopo novant'anni di assenza

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MONTENERO DI BISACCIA. Quattordici anni fa era più che ragionevole un certo scetticismo. Persino chi scrive stentava a crederci e un decano della caccia locale dovette mostrargli con decisione i segni di quei denti sul collo di una povera pecora. Oggi nessuno più mette in dubbio che i lupi girino indisturbati (ma discreti) in zona, tant’è che ieri un agricoltore montenerese ne ha fotografato uno a pochi metri da sé, pubblicando lo straordinario documento su Facebook. Eppure ancora pochi anni fa, quando il più temuto (forse a torto) dei predatori tornò dopo un’assenza di parecchi decenni, era difficile credere che si trattasse davvero del canis lupus. Un passo indietro.
Il primo di due assalti avvenne una notte di fine agosto 2007 in contrada La Valle, situata a est dell’abitato, in un podere posto proprio in direzione della frana che cinque anni fa costrinse a chiudere la Provinciale 13. Quattordici pecore rimasero vittima della furia predatrice di un branco di lupi, riusciti a scavalcare il recinto in piena notte dopo essere scesi presumibilmente dai boschi di Montecilfone. A chi scrive, come anticipato in apertura, un esperto cacciatore mostrò il segno dei denti sul collo di un ovino, oltre a evidenziare la micidiale tecnica di attacco, in qualche caso un singolo morso al collo, per dissipare i dubbi che si trattasse di cani selvatici.
All’assalto erano sopravvissute alcune pecore, visibilmente terrorizzate la mattina dopo. Ma ci avrebbero pensato gli stessi lupi a completare il lavoro meno di una decina di giorni dopo. Tornati nello stesso allevamento ne uccisero altre cinque: allevamento annientato. E pensare che dopo il primo assalto il proprietario aveva dormito più notti lì, in masseria, proprio per evitare una nuova strage. Non appena tornato a passare le notti a casa, i lupi si erano materializzati, come se stessero in agguato e aspettassero solo di poter agire indisturbati.
Come detto c’era scetticismo e si stentava a credere che dopo quasi un secolo si rivedesse il re dei canidi in zona. Così a corroborare la tesi che non si trattasse di semplici randagi, dalle case situate sulla scarpata che sovrasta La Valle arrivarono anche le testimonianze di chi in quelle notti aveva sentito ululati. Negli anni successivi gli avvistamenti di lupo sono diventati man mano più frequenti: l’andatura dinoccolata, le zampe lunghe, il pelo reso celebre da un famoso proverbio, la discrezione tranquillizzante con cui riescono a defilarsi in presenza di esseri umani, fanno la cifra di questo predatore temuto sebbene non pericoloso per l’uomo.
Prima del 2007, raccontava qualche anziano, l’ultima apparizione del lupo in agro di Montenero pareva risalire al periodo della Prima guerra mondiale (1915-18). Esemplare solitario, fu ucciso e imbalsamato, per poi essere portato come trofeo in giro per le masserie, dove al cacciatore gli agricoltori davano un’offerta in grano come segno di riconoscimento. Questo perché pare che quel lupo facesse strage di animali nelle aie, sicuramente meno recintate di oggi.
Tornando ai nostri giorni, a parte il fatto che gli animali da allevamento vanno protetti, davvero è da temere? Gli esperti all’unanimità dicono di no, da sempre. E d’altronde basta osservare ciò che succede in giro per averne la conferma: quante persone sono state aggredite dai cinghiali negli ultimi anni e quante dai lupi?

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