MONTENERO DI BISACCIA. E’ un refrain che si sente ogni volta: prima delle elezioni tutti salutano. Tant’è che più di qualcuno sostiene di capire con largo anticipo sulla presentazione delle liste chi si candiderà, proprio perché cambia atteggiamento e diventa insolitamente cordiale e sorridente. Va da sé che vale anche per questa inconsueta e posticipata campagna per le comunali del 20 e 21 settembre.
Posto che anche al di fuori del contesto elettorale c’è chi saluta anche le pietre e chi nessuno, con in mezzo una sterminata schiera con tutte le sfumature intermedie, proviamo a metterci nei panni di chi è dall’altra parte. In sostanza, cosa può pensare chi si è messo in gioco e ha fatto scrivere il suo nome nell’elenco di coloro che ambiscono a guidare il paese nei prossimi cinque anni.
Innanzitutto chi si candida di colpo sente addosso la pressione degli sguardi di tutti. Inevitabile che, sentendosi sotto osservazione, sia portato a ricambiare l’attenzione e quindi a salutare anche chi fino a qualche giorno prima ignorava. A parti rovesciate succede più o meno la stessa cosa, qualche volta anche con un po’ di innocua malizia in più (“voglio proprio vedere se saluta adesso!”).
Si può quindi parlare di un gioco pressoché alla pari: l’elettore osserva il candidato e sotto sotto quel saluto se lo aspetta, il candidato è osservato e perciò può o deve diventare più cordiale. D’altronde è quest’ultimo ad avere un interesse diretto, che è conquistare il consenso elettorale.
E dopo le votazioni? Molto dipende dal risultato, ma anche dall’indole individuale. Se si è eletti quell’attenzione maggiorata rimane per tutta la durata della legislatura, trovandosi a ricoprire una carica istituzionale. Significa che se prima era una persona poco incline al saluto diffuso, si troverà costretto a rivedere questa abitudine, pena un borbottio permanente dei cittadini. Se non si è eletti vale il ragionamento fatto in precedenza: chi saluta anche le pietre continua a farlo, chi abbassa la testa e passa dritto idem.