MONTENERO DI BISACCIA. Il 21 gennaio venticinque anni fa capitò di martedì, quello il giorno della settimana scelto da Rai Uno e Gad Lerner per il nuovo talk show chiamato Pinocchio. La terza puntata andò in onda dal Consorzio agrario di Montenero e fu l'ennesima apparizione sui grandi media nazionali di un fino a cinque anni prima anonimo paesino. Perché la Rai non venne certo per mare, belle colline e ventricina qui, ma perché vi era nato Antonio Di Pietro. E questi, in quell'indimenticabile 1992, aveva dato avvio alla celebre inchiesta nota come Mani pulite. Avvenimento prossimo al trentennale anche questo, ma di cui ci si occuperà fra qualche settimana, mentre per il momento vale la pena di raccontare cosa avvenne in diretta tv nel Consorzio venticinque anni fa.
Lo staff della trasmissione giunse a Montenero nei giorni precedenti, al fine di organizzare tutto per la terza puntata del programma iniziato appena due settimane prima. Pinocchio era "itinerante", girava per tutta Italia e ogni settimana lo studio era adattato in qualche posto, da cui trasmettere in diretta con i potenti mezzi della Rai. A Montenero si scelse il Consorzio agrario e nei preparativi fu coinvolta l'amministrazione comunale, la quale poi non ricevette nessun invito ufficiale. Tant'è che alcuni suoi esponenti erano seduti nelle ultime file e nessuno di loro intervenne durante la trasmissione. Lo studio era spartano quasi quanto la location, con un enorme "scaffale" di abete grezzo a fare da sfondo agli ospiti. Pinocchio andò in onda per quella prima edizione su Rai Uno in prima serata, poi, complici ascolti non ritenuti all'altezza, passò a Rai Due in seconda serata. Ed ecco cosa accadde più o meno quella volta in "casa" di Antonio Di Pietro.
Lerner aprì definendo Montenero paesino del Molise "che è diventato famoso in tutta Italia e forse nel mondo". Nelle successive due ore fu irriverente con i "montenerini", nessuno evidentemente lo corresse, tanto quanto lo fu con gli ospiti in studio, vale a dire il leader di Alleanza nazionale Gianfranco Fini, l'esponente dei Verdi Luigi Manconi e l'avvocato Giuseppe Lucibello. La trasmissione, va sottolineato e non dimenticato, arrivava solo qualche settimana dopo le perquisizioni che avevano messo a soqquadro la masseria di Antonio Di Pietro. Era il periodo dell'inchiesta di Brescia, dalla quale uscirà indenne l'ex pm di Mani pulite e da poco dimesso ministro del Governo Prodi. Ma non si sapeva ancora e le prime "macchie" sul cavaliere/eroe che si riteneva non dovesse averne, erano sventolate dai suoi accusatori. Questo uno dei componenti l'atmosfera quella sera, l'altro le incertezze sulle intenzioni politiche di Di Pietro, definite tra l'altro zigzaganti.
Gianfranco Fini in quell'inizio di 1997 era più accomodante verso Di Pietro, sosteneva ancora senza condizioni l'inchiesta che aveva fatto fuori quasi tutti i partiti della Prima repubblica. Invece Luigi Manconi appariva molto più critico, definì almeno imprudenti certe frequentazioni di Antonio Di Pietro (D'Adamo, Rea, Gorrini ecc.). Fini preferiva al contrario separare la vita precedente Mani pulite da quella di dopo, se non altro per il rischio che abbattendo il simbolo, appunto Di Pietro, si tirasse giù tutto e si salvassero corrotti e corruttori. Altra era politico-geologica.
Ma la particolarità del talk show era la partecipazione del pubblico, molto numeroso e che comprendeva monteneresi e persone arrivate da ogni parte d'Italia, esponenti politici come gente comune. Gad Lerner girava di persona con il microfono e dava la parola qua e là . Ma era anche lui a criticare seduta stante frasi fatte e risposte ritenute generiche, vaghe, evitabili insomma. Irriverente, come detto, con chiunque. La trasmissione prese subito un taglio critico verso Di Pietro, va detto, deludendo chi nei giorni precedenti, quando il conduttore era già a Montenero per i preparativi, aveva pensato all'ennesima agiografia del proprio eroe paesano, prima che nazionale.
Nel 1997 Di Pietro raccoglieva il consenso praticamente unanime dei propri concittadini. Dopo le dimissioni plateali di fine '94 dalla magistratura, era già stato ministro ai Lavori pubblici col primo Governo di Romano Prodi (1996). Si era dimesso da poco proprio per l'inchiesta che lo coinvolgeva, ma qui a Montenero era ancora l'eroe. Probabilmente in quell'avvio di 1997 c'era ancora la scritta fatta cinque anni prima con pennello intinto nello smalto nero sul muro di recinzione del Consorzio: grazie Di Pietro.
Consenso unanime più che evidente quella sera in trasmissione, con dalla sua parte anche più di qualcuno che, qualche anno dopo, ne sarebbe diventato acerrimo avversario in ambito locale e regionale. Altri tempi e oggi fa specie sentir aleggiare ipotesi su un suo movimento o partito: l'Italia dei valori sarebbe arrivata un anno dopo. Nel pubblico diversi indossavano anche una maglietta dedicata e fatta stampare per l'occasione con scritto "Tonino, Montenero è con te". Non sarebbe andata così ancora a lungo, non in modo così unanime almeno, ma allora non si poteva sapere.
Lerner continuò a tener testa a tutti, già allora loquace come in seguito sarebbe diventato ancor più, senza altri giornalisti in sala, e intorno all'ora e mezza salì un po' di tensione. Il conduttore criticò quelli che definì "santini", cioè i fax incorniciati contenenti risposte di circostanza di Antonio Di Pietro ai tanti complimenti che riceveva ai tempi di Mani pulite e anche dopo. La trasmissione durò due ore e dodici minuti, lasciò i monteneresi delusi in modo forse eccessivo. Perché in fondo l'aria era cambiata in Italia già da un po' ed erano passati i tempi del "Di Pietro facci sognare". Si andava avanti, l'ingresso in politica era avvenuto, c'era persino un'inchiesta in corso e Lerner, con indubbio mestiere, riuscì nell'impresa di fare una trasmissione non celebrativa in casa dell'interessato. A riascoltare oggi quella puntata, inoltre, stupisce la completa assenza di interruzioni e sovrapposizioni fra gli intervenuti. Quantità moderata di decibel di altra era televisivo-geologica.
Quell'Italia oggi così lontanissima, figurarsi che si parlava ancora di bicamerale e sistema elettorale presidenzialista, mentre la Seconda repubblica doveva essere la panacea di tutti i mali. Montenero dal canto suo stravedeva per il suo Tonino e compatta lo difendeva con i denti. Unanimità di consenso che sarebbe durata solo per qualche altro anno. E questa è un'altra storia.