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Il palazzetto compie quaranta anni, fra alti e bassi

Nel 1982 il progetto esecutivo dell'importante opera, teatro di competizioni sportive e causa di match politici. Dai fasti iniziali alla chiusura decennale, poi la rinascita

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MONTENERO DI BISACCIA. L'iniziale nome di palestra multifunzionale sarebbe presto stato sostituito dal più altisonante e adeguato palazzetto dello sport. Esattamente quaranta anni fa, il 19 aprile 1982, una delle più importanti opere pubbliche di sempre riceveva l'ok definitivo in Consiglio comunale. Da lì a un paio d'anni sarebbe diventata una realtà ammirata e apprezzata, teatro di ogni genere di manifestazione. Poi anche un periodo travagliato, ma è meglio procedere con ordine.
Si tratta di un progetto targato Armando Benedetto, sindaco era infatti il professore di lettere dalla caratteristica voce nasale. Democristiano, preparazione umanistica superiore, Benedetto è ricordato per le varie opere pubbliche fatte nel quinquennio, per la stabilità amministrativa in un paese dove era l'eccezione, ma anche perché subito dopo di lui la Dc perse le redini del Comune e per rientrarvi, anni dopo, dovette scendere a patti con la sinistra. Era un'epoca in cui la continuità a Montenero non era di casa, tant'è che era raro avere un sindaco anche per soli cinque anni filati. Mai avvenuto il doppio mandato.
Il progetto della palestra multifunzionale, così nella delibera di Consiglio, fu discusso una prima volta nel novembre 1980, qualche mese dopo l'insediamento della nuova amministrazione Dc-lista civica centrista. L'ubicazione fu ritenuta "poco felice" da diversi esponenti della minoranza, specie comunisti, poiché lontana dal centro abitato. 
Arrivava così il 19 aprile 1982, quando in Consiglio passò il progetto esecutivo. Era fatta, i lavori potevano iniziare. E difatti andarono avanti speditamente, affidati a una ditta montenerese specializzata in impianti sportivi. Alla guida della stessa vi era un noto imprenditore locale, Luigi Calgione, detto Ginottino.
Armando Benedetto (a sinistra) e Ginottino Calgione (a destra) nel 1984, arrivo della Tirreno-Adriatico. Al centro Giovanni Cremonese, decano del ciclismo locale

Nel marzo 1983 l'interno era pressoché pronto e si passava con ugual gran lena a completare l'esterno. L'anno successivo si giocarono le prime partite di pallavolo, sport all'epoca molto in voga a Montenero. La squadra locale, tuttavia, nonostante i buoni risultati e gli avanzamenti nelle varie categorie regionali, non aveva ancora un campo da gioco degno di tale nome. Le partite erano infatti disputate all'aperto al campetto Belvedere o peggio nell'angusta palestra delle scuole Medie. Ora arrivava il palazzetto tanto agognato, capace di ospitare pallavolo, calcetto, boxe, manifestazioni, con ampia tribuna. Si realizzava un sogno. 
Negli anni, difatti, vi si tenne ogni genere di evento non solo sportivo, come due festival canori e la chiusura del Carnevale. Nel 1988 anche un concerto che però non ebbe grande fortuna: a esibirsi la Steve Rogers Band, che suonava all'epoca con Vasco Rossi. Ma forse la graffiante chitarra di Maurizio Solieri era una impropria ouverture all'evento più applaudito di sempre nel palazzetto: i due festival canori, con esibizione di amanti del canto di ogni età, locali e non, nel 1989 e nel 1990. Si tenevano a inizio anno e così in quel principio di 1991 si stava organizzando la terza edizione. Andò diversamente.
Un momento del primo Festival canoro nel 1989 (foto Antonio Assogna)

Era gennaio quando una lesione che minava le fondamenta su un lato della struttura fu giudicata troppo avanzata. Il palazzetto fu dichiarato inagibile e chiuso. Addio festival, pallavolo e tutto il resto. La squadra di volley, che era arrivata anche in serie B nella sua fase migliore, forse ne risentì di più. Ma in tutta Montenero si avvertiva un senso di sconfitta, sconforto, incredulità. Quando riaprirà?, la domanda. Non prima di molte polemiche e non prima di diventare uno dei casus belli persino di una crisi amministrativa. Decisamente inaspettata dopo un anno e mezzo dalle elezioni: in Comune la maggioranza era interamente del Partito comunista italiano, sindaco Nicola D'Ascanio reduce da una valanga di voti mai più vista da allora (non c'era l'elezione diretta). Così nel maggio 1991 fu la minoranza democristiana a chiedere lumi sul palazzetto, ma se ne tornò a parlare solo mesi dopo. E attenzione, quando avvenne aveva già cominciato a scricchiolare la maggioranza tutta rossa, come una sinestesia con il muro collassato. 
La lite fra compagni iniziò ufficialmente il 17 settembre, quando l'assessore Luca Palombo lamentò con una lettera la convocazione del Consiglio proprio nel giorno in cui si sapeva lui sarebbe stato assente. Proprio quando si sarebbe dovuto parlare di argomenti importanti, la sua tesi, fra questi il palazzetto che ci interessa in questa ricostruzione. Quella seduta saltò perché un'incredula quanto divertita minoranza si alzò e fece mancare il numero legale. Però due giorni dopo Palombo c'era eccome e si chiese ad alta voce se facesse ancora parte di una maggioranza in cui cominciava a non riconoscersi. Intervennero il consigliere Michele Cistullo e il sindaco Nicola D'Ascanio a placare gli animi, ma si dovette attendere il mese successivo per ritrovare un'unità, almeno di facciata. La maggioranza decise di dare un ultimatum all'impresa costruttrice: o riparava il palazzetto, a sue spese, o si sarebbe passati alle vie legali. I democristiani all'opposizione erano perplessi e Giorgio Ferrara fu profetico: ci si stava per impelagare "in una lunga e artificiosa vicenda giudiziaria di difficile soluzione”. Ciò nonostante la maggioranza tutta rossa sarebbe ugualmente caduta a inizio '92: tre i dissidenti (oltre al citato Palombo, Palmerino Natalini e l'indipendente Nicola Morrone), elezioni anticipate, tonfo clamoroso dal quale tuttavia la sinistra montenerese si sarebbe presto ripresa. Ma di questo si parlerà fra qualche settimana.
Nicola D'Ascanio sindaco nel 1988 (foto Gorizio Pezzotta, archivio fotografico Antonio Assogna)

Tornando al palazzetto, l'impresa di Calgione cosa diceva? Era favorevole a ripararlo, ma non fu trovato un accordo con l'amministrazione. E quando poco dopo Ginottino ebbe problemi finanziari (non si dimentichi il periodo turbolento e di crisi dei primi anni Novanta in tutta Italia), si avverò quanto ipotizzato da Ferrara: lunga, artificiosa e infine pure vana vicenda giudiziaria.
Dal 1992 in poi la riparazione del palazzetto divenne la costante a ogni insediamento di sindaco (che si poteva cambiare anche in corso d'opera, come avvenne per altro) e presentazione del Piano delle opere pubbliche. Quindi si lesse quella parola in delibere di Consiglio comunale anche negli anni 1993, 1994, 1995, 1997 e 1998.
Ma intanto arrivava la svolta: nel '97 era acceso un mutuo per poco più di un miliardo di lire (circa 850mila euro di oggi). I lavori partirono nel 1999 e l'anno successivo il palazzetto fu riaperto. Quasi dieci anni dopo. In amministrazione c'era ancora parte di quella sinistra che dovette/volle adire le vie legali, ma nel frattempo erano tornati in maggioranza anche i moderati. Era la golden era, volendola chiamare così, del centrosinistra montenerese.
Una manifestazione di arti marziali nel palazzetto di Montenero di Bisaccia nel 2008

La struttura tornava a ospitare eventi di vario genere, anche se la pallavolo era ormai lontana dai vecchi fasti e si cominciava a puntare tutto sul calcio, sport per il quale il nuovo stadio arrivò sempre nel 2000.
Questa la storia fra luci e ombre di una delle più importanti opere pubbliche di Montenero. Chissà se quel lunedì di quaranta anni fa i consiglieri comunali che l'approvarono, ma anche quelli che ritenevano fosse lontana dal centro (oggi ci sono case intorno), immaginavano che la "palestra multifunzionale" sarebbe stata il ring per match politici oltre che di pugilato e arti marziali.
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