MONTENERO DI BISACCIA E TRIESTE. A fine anni Settanta ebbe l'idea che avrebbe cambiato il paese come forse solo a inizio Novecento era successo. La storia del tessile, fra luci e ombre, ha un'origine che nessuno mette in dubbio: fu Fausto Cuculo a portare le sartorie nel paese di origine. Lo stesso in cui continuava a tornare dopo essere andato a vivere al Nord e al quale sarebbe rimasto legato, anche dopo la fine di quella personale storia imprenditoriale che, per paradosso, sarebbe stata anche la prima a terminare. Lui che ne era stato l'inventore, in pratica, non avrebbe visto il grande sviluppo degli anni Novanta dei laboratori a Montenero. Nell'intervista che segue Cuculo racconta quell'epopea e, su specifica domanda, svela anche perché la sua esperienza nel settore finì, prima di altre analoghe. Il che significa finalmente sentire anche l'altra campana su un fatto che da sempre divide i monteneresi: il grande sciopero del 1989, che ebbe anche connotati politici in un periodo turbolento, poteva essere gestito diversamente?
Un racconto fatto di sensibilità imprenditoriale, dove il profitto, par di capire, è quasi un effetto collaterale. I rapporti umani prima di tutto, ma anche il coraggio di osare e stravolgere, in meglio, un paese che fino a quel momento viveva di pensioni. Così gli disse un commerciante più grande di lui. L'arrivo degli stipendi del tessile incrementò i consumi in paese e cambiò le abitudini. Un esempio su tutti il moltiplicarsi degli appuntamenti dalla parrucchiera che, quando il settore tessile avrà le prime serie battute d'arresto, saranno i primi a risentirne. Il tessile arriverà negli anni a impiegare circa mille unità , poi qualcosa è cambiato, forse troppo presto. Anche su questo Fausto Cuculo dice la sua, ma in chiusura una nota di speranza, un invito a rivalutare le potenzialità del "turismo agricolo" e a puntare sul tempo libero, perché in futuro ce ne sarà sempre di più. In sintesi a sognare ancora o, per dirla con sue parole, provare a scegliere l'impossibile.
Quando e come arrivò il tessile a Montenero? È vero che fu Fausto Cuculo a dare il primo input?
"Sì effettivamente sono stato il primo ad avviare l'attività per la produzione di abbigliamento, era la fine degli anni Settanta, la motivazione industriale era legata alla Cassa per il mezzogiorno, anche se gli aiuti sono stati pochi, che mi invogliò a cercare di dare un mio modesto contributo per il Sud. Se penso invece all'avventura fisica per la creazione del primo opificio, il mio primo pensiero è rivolto ai miei genitori e a mia sorella Rita per l'aiuto sia fisico che mentale. Subito dopo al signor Angelo D'Aulerio, alias il Condor (noto ristorante attivo dagli anni Ottanta ai primi Duemila n.d.r.) che oggi non è più tra noi, ed a Aurelio Benedetto alias 'Benedetton'.
Il primo con un viaggio epico la notte del 23 dicembre, partendo da Bergamo in mezzo a una nebbia indicibile, con un camion caricato a Bergamo di macchine industriali e poi a Varese di tessuto. Da solo perché io a meta strada, non lo nascondo, spaventato decidevo di proseguire in treno, lui il giorno dopo era a Montenero. Era la prima volta che faceva un viaggio lungo e in mezzo alla nebbia.
Il secondo perché il 26 dicembre alle 8 del mattino iniziava la messa in opera dell'impianto elettrico terminato alle 8 del giorno seguente, quando le prime quattordici operaie entravano nel locale per una cavalcata verso l'incognito. A loro un grazie per il coraggio e la determinazione nell'affrontare il passaggio da 'sartine' a operaie, non cito i nomi ma loro sanno e ricordano senz'altro quel 27 dicembre".
Com'era Montenero prima del tessile e com'è diventato subito dopo? Ci furono benefici subito?
"Potrebbe sembrare reverenziale verso l'intervistatore citare il suo genitore Aurelio D'Antonio come colui che ha dato la descrizione migliore e che ancora adesso ricordo: 'prima era un paese che viveva di sole pensioni, la tua nuova realtà sarà un cambiamento economico e non solo'. E di cambiamenti vi sono stati nel tempo. Nell'immediato quattordici persone che lavorano non cambiano l'ago della bilancia nei benefici collettivi, ma solo nelle singole persone: una prima busta paga, un lavoro visto solo in TV, impegni negli orari, ritmi industriali, una camice azzurro che li identificava come maestranze. No, non li chiamerei benefici, sono un'alba per un futuro da scrivere".
Il suo fu il laboratorio tessile pilota a Montenero, ma uno dei primi se non il primo a cessare l'attività . Cosa accadde il quel 1989 in viale Europa, quando si videro decine di operai manifestare per giorni sotto la guida anche dei vertici monteneresi del Partito comunista italiano, all'epoca passato all'opposizione in Comune per alcuni mesi?
"Pilota, sì mi piace la parola, effettivamente fu il primo laboratorio e fu primo in tutti i sensi. L'avvio del lavoro industriale non è l'aspetto che più ricordo, mi piace più ricordare le prime persone inviate a Pavia per fare dei corsi di riparazione sulle macchine da cucire, l'impegno di alcune ragazze nel seguire i corsi che si tenevano a Pescara su tempi e metodi. Pensa delle 'sartine' che da sole partivano di sera dopo il lavoro col Fiorino aziendale per andare a seguire le lezioni, per me questi furono i veri cambiamenti immediati, il desiderio di crescere; il cambiamento che tuo papà aveva percepito. Quando si è 'pilota' si è pilota per tutto e in quel 1989 fui pilota anche di una vertenza sindacale, mio malgrado. Perché accadde? Era inevitabile che dove nasce la cultura industriale nasca anche la cultura sindacale. Ferito? Sì, ma non dallo sviluppo della mia storia industriale che si è fermata con lo sciopero, ammetto che non ero pronto e che non avevo cultura industriale per affrontare ciò che è successo. Ferito sì, ma da ciò che sarebbe successo, lo sciopero è stato usato come trampolino di lancio per carriere politiche e personali, dimenticando le maestranze, lasciandole ancora a paghe insufficienti negli anni futuri, i beni industriali furono alienati completamente, scomparsi nel nulla a seguito di comodati che non hanno mai prodotto frutti, molte maestranze sono restate senza lavoro. Ben altro mi sarei aspettato dallo scontro, abbiamo perso un'occasione di crescita collettiva.
Pilota? Sì e ne sono fiero – prosegue Fausto Cuculo -, in me ancora adesso c'è la convinzione che quello che avevo fatto o cercato di fare aveva dato dei frutti. Ancora oggi alcune delle ragazze inviate da me ai corsi dell'istituto Secoli occupano o hanno occupato posti di prestigio contribuendo a far crescere altre realtà ancora presenti sul territorio, tecnici di riparazione che vivono ancora dei corsi che ho invogliato a seguire, altri ragazzi a cui nessuno avrebbe auspicato futuri lontano da strade sbagliate, oggi sono proprietari di centri di produzione tessile. E sapere che molte delle prime operaie godono ancora oggi della qualifica di caporeparto mi inorgoglisce".
Se le cose fossero andate diversamente, se si fosse arrivati a un accordo con sindacati e operai, pensa che sarebbe rimasto a Montenero o sarebbe tornato al Nord comunque?
"No, non sarei rimasto, ero arrivato al capolinea, ero stanco, forse tutto era più grande di me, arriva il momento in cui bisogna farsi da parte, vi erano decine di attività simili alla mia, condotte da persone più valide, più capaci o forse più fortunate. È storia la presenza industriale nel territorio figlia di quel lontano 27 dicembre 1979, ma per me era arrivato il momento di arrendermi. C'era tensione per dei ritardi sulle paghe, la rimessa per il lavoro fatto mi era arrivata di venerdì pomeriggio e non ho potuto cambiare l'assegno, ho chiesto a un collaboratore fidato di avvisare le ragazze, lui di ritorno mi disse 'loro lo vogliono sentire da te, vai su, fai vedere l'assegno e di' loro che lunedì avranno i soldi, loro ci credono ma vogliono che sia tu a dirglielo'. Dovevo fare 21 gradini e tutto si sarebbe risolto, o almeno ne era convinto il mio collaboratore. In quel momento, che vivo ogni volta nei miei ricordi, ho visto la mia famiglia bergamasca, a cui donavo solo il sabato e mezza domenica.
No, ero al capolinea, quello che avevo fatto o che avrei potuto fare finiva lì in quel momento, in paese erano nate altre realtà industriali, anche migliori della mia, c'era il sindacato, il cambiamento era avvenuto: erano nate aziende sinergiche alla confezione, come lavanderie industriali, trasporti, vendita di cucirini, officine di riparazione e vendita di macchine per cucire, uffici per la gestione della contabilità che assumevano impiegati".
Dopo di allora il tessile ha continuato per un'altra decina d'anni a buoni livelli, poi la crisi che progressivamente ha pressoché annientato il settore. Cosa è successo? Si poteva fare qualcosa per salvarlo?
"Globalizzazione, il mondo aveva deciso che bisogna produrre dove il costo è più basso e vendere dove si realizza di più. Era fisiologico il declino, unica cosa era di sentirlo con anticipo e prepararsi verso il nuovo. Ci voleva un altro pilota, un pilota dell'etere, degli algoritmi, del tempo libero, dei servizi e guidare il nuovo cambiamento, a mio avviso il futuro sarà sempre con più tempo libero, e ci saranno moltitudini di persone che vorranno riempire il tempo libero. Ecco se io fossi oggi un pilota, lo sarei del tempo libero".
Fausto Cuculo dopo quel famoso 1989 cosa ha fatto?
"Per alcuni anni sono rimasto nel settore, dapprima occupandomi dell'avviamento di una linea di produzione in un paese dell'Est e successivamente restando nel settore, ma occupandomi delle vendite, per poi uscirne completamente e dedicarmi all'ospitalità alberghiera".
Montenero ha qualche speranza secondo lei?
"Sono convinto di sì, ma non nel tessile, la nostra posizione geografica, la morfologia del territorio e la scoperta di non essere stati ancora scoperti potrebbe favorire uno sviluppo turistico, ma come dicevo precedentemente è necessario un pilota che abbia visione del futuro che convinca con la sua visione che il paese è adatto per essere meta di turismo ed io personalmente penso a un turismo agricolo che copra tutte le stagioni. Turisti che vengono per la mietitura, per la vendemmia, per la raccolta delle olive, per la semina del grano, per preparare gli insaccati – conclude Fausto Cuculo -, ecco io vedo decine e decine di piccole aziende che producono con i loro consumatori, sono convinto che ci sarebbero moltitudini di persone che investirebbero le loro vacanze per prepararsi i loro cibi. Visione, forse, ma se c'è un pilota che traccia la rotta...".
Nella foto le operaie del laboratorio tessile di Fausto Cuculo nei primi anni di attività (archivio fotografico Antonio Assogna)