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La Montenero del 1974 e l'avveniristico A&O di via Frentana

In una vecchia foto uno scorcio di storia locale e qualche aneddoto d'antan. Un primo supermercato arrivato troppo in anticipo, in un paese che si preparava al grande slancio degli anni successivi

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MONTENERO DI BISACCIA. Una foto che racchiude una storia durata poco, sebbene rimasta impressa a lungo nella memoria locale. Fu il primo grande alimentari del paese, anticipò il forte slancio che da lì, e specie nel decennio successivo, avrebbe trasformato Montenero da paese agricolo in semi industriale e a tratti borghese, certo benestante. L'occasione per ripercorrere la breve vita dell'A&O di via Frentana ancora una volta arriva da una foto pubblicata su Facebook da Antonio Assogna e concessa dal fotografo Carlo Caserio.
Lo scatto risale senza alcun dubbio al 1974, anno in cui fu aperto il punto vendita della A&O, catena alimentare nazionale nata dieci anni di prima. Il primo mega negozio di Montenero fu ricavato nel piano interrato di un palazzo appena costruito. A insediarlo fu la stessa famiglia che aveva costruito il condominio più grande del paese fino ad allora (è l'attuale Bellavista): i Calgione.
Per arrivare agli scaffali bisognava scendere una scalinata, ma una volta giù la vista doveva apparire surreale a gente abituata al piccolo o micro negozio di quartiere. 
Quattrocento metri quadrati totali, i prodotti che era lo stesso consumatore a prendere e mettere nel carrello, il quale fece a sua volta la sua comparsa allora in paese. Due addetti alle casse, salumeria ecc. qualcosa di completamente diverso dal classico negozio di alimentari con il titolare o al massimo un dipendente a fare tutto.
Si narra di un episodio singolare, per altro, che sarebbe avvenuto nell'A&O. A servire nel reparto salumeria c'era un ventiduenne al quale la proprietà chiese come mai il prosciutto cotto con prezzo più basso non si vendesse. Il giovane rispose "ci penso io" e scambiando i cartellini fece diventare quello più economico il più costoso. Sarà una leggenda, sarà che gli attenti consumatori monteneresi ci sono cascati una volta sola, ma si racconta che quel prosciutto andò a ruba.
La Montenero del 1974. Al censimento di tre anni prima risultavano residenti 6757 persone, più di oggi ma meno di quante ce ne sarebbero state in seguito. Aveva da poco aperto la Fiat a Termoli, con tutta l'occupazione che ne sarebbe derivata, e anche a Montenero l'emigrazione era pressoché terminata, dando spazio al fenomeno inverso del rientro. In sintesi, il paese si preparava a lanciarsi nella modernità, creando i presupposti per il grande sviluppo di qualche anno dopo. Arriverà infatti il settore tessile a dare uno slancio ulteriore a una comunità che, già forte di un'estensione notevole di terreno agricolo, si fregerà per alcuni decenni anche di un comparto di piccola industria.
Gli anni Ottanta sarebbero così stati anche qui quelli dell'edonismo, dei tornei di calcetto, delle Bmw e delle Alfetta, del vestire bene, delle pareti di casa rifinite con stucco a spatola che manco nelle ville più chic di città; gli anni dei primi bar non specializzati in passatella ma in aperitivi, accessibili anche alle signore. Quella che con rara efficacia Cesare Rusciano avrebbe definito molti anni dopo la Montenero da bere. A preparare il terreno fu anche l'A&O di qualche anno prima, quanto meno con il concetto di innovazione che rappresentava.
L'A&O di via Frentana durò appena un anno, nel 1975 fu infatti trasferito in via Carabba e ridimensionato, oltre ad avere l'ingresso in pianterreno. L'insegna era cambiata in Coopim, catena di cui non si hanno tracce da allora. Negli anni la proprietà del punto vendita, come la società di franchising di riferimento, cambierà più volte. Eppure l'alimentari in quel posto c'è ancora: in un paese dove chiude tutto fra l'indifferenza generale non è poco.
Quanto all'A&O e a quel primo supermercato, restano l'idea innovativa e probabilmente troppo avanti per quegli anni. Sicuramente troppo grande. Quel locale in via Frentana ospiterà senza fortuna una sala giochi nei primissimi anni Ottanta. Di nuovo qualcosa di troppo grande e troppo in anticipo sui tempi. Poi alcuni veglioni di fine anno e carnevale, infine una palestra con pesi e attrezzi, che c'è ancora oggi.

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