MONTENERO DI BISACCIA. Una candidatura a sindaco nel 2015, una legislatura passata in minoranza e un'altra sempre all'opposizione cominciata da un anno, Nicola Palombo si occupa di politica da ragazzo. Dichiaratamente di sinistra, verrebbe da dire un nostalgico di ritorno di quel Partito comunista italiano che per ragioni anagrafiche non ha praticamente conosciuto, ha rilasciato a Monteneronotizie un'intervista che spazia dai temi locali a quelli regionali. L'occasione per sentire il punto di vista di chi è chiamato a vigilare sull'operato della maggioranza, ma anche per chiedergli se è vero che la minoranza ha le sue gatte da pelare, se è spaccata come vuole certa vox populi. Infine, visto che la politica è una sua passione, fargli dire la sua sull'utilità della stessa in un paese piccolo come Montenero.
Quasi un anno di questa amministrazione comunale, il giudizio di Nicola Palombo?
"Al netto di qualche figura che si sta adoperando con il giusto impegno, il giudizio complessivo non può che essere negativo. Due i motivi sostanziali: la gestione della pandemia, condotta ossessivamente rispetto alle dinamiche del consenso, ma senza attivare le sinergie insite nella società e nell'amministrazione in senso lato. L’opposizione è stata tenuta volutamente fuori da qualcosa che dovrebbe andare ben oltre gli schieramenti politici. Chiedemmo una commissione speciale, un tavolo di confronto. Ci fu negato. Altro grande tema – continua il consigliere di minoranza - è South Beach. Un’operazione concettualmente sbagliata, dai contorni molto indefiniti, che non mi piace per nulla e che anch'essa è stata gestita molto in ombra, sia dal vecchio sia dall'attuale sindaco. Si veda la lettera dove si richiede il tavolo alla Regione. Ci tengo a precisare come il giudizio negativo sulla maggioranza arriva dopo un anno e non a caso, perché è corretto prima far lavorare e poi esprimere un giudizio, appunto ex post e non ex ante. È chiaro che se ci dovesse essere una reale e sostanziale voglia di collaborare, finora non vista, siamo pronti a farlo, per il bene di Montenero, che viene prima delle parti politiche".
Girano da settimane voci su una spaccatura della minoranza, cos'ha da dire?
"La minoranza attualmente non è spaccata, non ci sono due gruppi, ma bisogna sicuramente correggere il tiro. Quel che è successo nell'ultimo Consiglio, con le firme di due soli consiglieri sulle mozioni e la successiva pezza messa dal capogruppo (Fabio De Risio n.d.r.), evidenzia che quantomeno il metodo di lavoro va cambiato. Dirò di più – continua Palombo -, le maggioranze beneficiano in modo assoluto dell'unità, poiché se una maggioranza non è unita non si governa, tant'è che spesso capita, e Montenero non è stata esente negli anni, che ci siano spaccature caratteriali e anche politiche, ma ciononostante le maggioranze rimangono unite. Per le minoranze è diverso, ad esempio nella scorsa consiliatura eravamo due gruppi separati eppure c'è stata un'opposizione seria e attenta, probabilmente migliore di quella fatta in questo ultimo anno".
Nell'anno precedente le elezioni avete lavorato parecchio per arrivare a unificare le due minoranze di cui parlava. E' servito? Serve?
"Le dirò di più, non abbiamo solo unificato le due minoranze del mandato 2015-2020, abbiamo provato a ricostruire un campo che a Montenero era dilaniato da decenni, lavorando sulla base dell'accordo a livello nazionale tra Pd, 5 Stelle, sinistra e civismo. Le elezioni sono andate come sappiamo, ma il punto è che le elezioni si possono anche perdere, la prospettiva politica no. Il tema è proprio questo: i prossimi mesi saranno cruciali per capire il gruppo politico Montenero che rinasce dove vuole andare e cosa vuole fare da grande. A mio avviso serve l'unità politica, quella sì che è fondamentale prima ancora del gruppo consiliare. Serve l'unità del campo progressista e dei riformisti. Serve riuscire a rappresentare dal cattolicesimo democratico al socialismo laico, all'ecologismo. Quello che per capirci un tempo chiamavamo centrosinistra".
Ma un ragionamento così politico, qui a Montenero, serve davvero?
"A Montenero come in tutto il mondo un ragionamento così, se lo si mantiene in astratto senza declinarlo, non serve a nulla. Se invece lo si trasforma in azioni concrete, politiche che migliorano la vita delle persone, allora sì che serve. Sono convinto che questo lavoro si possa e si debba farlo anche a Montenero. Quando parlo di rappresentare alcuni mondi, intendo dire per esempio intercettare i bisogni del mondo della scuola, dei piccoli imprenditori e dei lavoratori".
E lo state facendo voi di Montenero che rinasce?
"I prossimi mesi come dicevo saranno cruciali. Se predominerà una visione miope, appiattita su piccole posizioni o addirittura su personalismi, è chiaro che non ce la faremo. Allora Montenero che rinasce andrà superato. Se invece ci sarà la forza di costruire e organizzare un gruppo in grado di rappresentare le parti che citavo prima, è chiaro che il gruppo Montenero che rinasce sarà molto utile alla comunità tutta".
Nicola Palombo si occupa di politica da ragazzo, quando è cominciato il declino del centrosinistra a Montenero?
"Una domanda complessa richiede una risposta complessa. Se cerca chi addita qualcuno in particolare ha sbagliato interlocutore. Le ragioni, come dicevo, sono complesse e diffuse. Da una parte c'è sicuramente un dato locale di un gruppo che non funzionava più bene e che, diviso, ha determinato lo sfacelo del centrosinistra montenerese; dall'altro lato c'è un contesto storico più ampio, che non può non essere considerato e che ci dice che negli ultimi decenni quel mondo è entrato in crisi profonda perché non più in grado di leggere la realtà e offrire soluzioni. Il centrosinistra è arrivato in ritardo su temi fondamentali come il reddito, il lavoro e la sanità pubblica. C'è stato un periodo in cui non abbiamo saputo leggere i tempi, il peggiore errore che si possa fare in politica".
Quanto conta l'appartenenza politica per arrivare nel 2025 a concorrere efficacemente contro l'attuale maggioranza comunale? Lei che è di sinistra si candiderebbe assieme a uno con idee liberali o con un conservatore?
"Parto dalla prima parte della domanda e dico che purtroppo la politica conta sempre meno, perché sempre meno esiste quella con la p maiuscola. Sparita la politica, diventa sempre più una questione tra gruppi di persone o di potere. Tanto che si sente sempre più usare argomenti banali e mistificatori del tipo: 'alle elezioni conta la persona e non lo schieramento politico', 'siamo apolitici', ecc. Questa decadenza di idee e valori ha prodotto grandi nefandezze, tali per cui non si percepisce più la distinzione tra quando amministra la destra, il centro o la sinistra; un indistinto utile solo a chi deve curare gli affari propri. Un esempio di quello che dico – prosegue Palombo - è stata la candidatura del segretario cittadino del Pd nella lista di centrodestra (Francesco Borgia n.d.r.). La realtà è l’opposto di quanto si vuol far credere, perché le risorse sono scarse per definizione e quindi quando si va ad amministrare saltano fuori i valori, le priorità e la visione del mondo che si hanno e con questi si devono fare delle scelte, che sono sempre politiche. Le assicuro che è diverso quando si compiono scelte avendo a cuore l’uguaglianza, la solidarietà e il rispetto per l’ambiente. Venendo alla seconda parte della domanda, con un liberale non avrei nessun problema ad essere in lista e nemmeno in generale con un conservatore. Molto dipende da che significato si dà a queste due definizioni e come si declinano queste due culture politiche. Per quanto mi riguarda penso alla cultura liberale e a quella cattolico-conservatrice presenti nel centrosinistra. Con queste culture, sicuramente diverse dalla mia, mi sono già confrontato in passato e non ho paura a farlo di nuovo. Certo con la prima entreremmo in conflitto sui diritti sociali e con la seconda su quelli individuali, ma la discussione, anche animata, è il sale della democrazia. In amministrazione, però, sono certo che non avremmo problemi, poiché se candidati insieme vuol dire che siamo riusciti a trovare già una mediazione sul programma amministrativo, unica strada da seguire. Non riuscirei a fare una lista solo con chi si pone fuori dall'arco costituzionale".
Montenero era chiamata la fucina della politica regionale, oggi non più.
"Che Montenero abbia perso valore in un quadro più ampio è un dato di fatto, perché venuta meno la politica si è puntato a ricoprire ruoli da gregario, di sottogoverno, mentre un tempo Montenero arrivava a indicare la direzione da seguire, ora segue la ruota dell’assessore regionale di turno. Poi Travaglini* ha fatto destra-sinistra-destra, si ricorderà la gimcana da Iorio a Frattura a Toma*, e questo sicuramente non aiuta dal punto di vista della credibilità.”
Nelle elezioni regionali del 2023 qualcuno a Montenero avrà voce in capitolo?
"Sicuramente questa amministrazione proverà ad avere un ruolo, non so se ci riuscirà perché non so quanto sarà compatta, ma mi riservo qualche dubbio, visti i precedenti".
E il centrosinistra?
"Posso parlare solo per me, quindi niente più e niente meno del discorso fatto finora: sto lavorando alla ricostruzione di un ampio campo progressista, che abbracci, come detto, dal Pd, al M5S di Conte, alla sinistra progressista ed ecologista, al civismo impegnato.”
* Nicola Travaglini è stato sindaco di Montenero di Bisaccia dal 2010 al 2020, candidato alle regionali nel 2018. Michele Iorio e Paolo Di Laura Frattura sono stati presidenti della Regione Molise, mentre Donato Toma lo è attualmente.