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Allenare è stata la diretta evoluzione di un amore infinito: De Risio si racconta

Le interviste ai protagonisti del calcio montenerese. Dai tornei con don Nino all'esperienza col Perugia, poi il ritorno, i record con l'Olympia e ora i giovanissimi.

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Oggi abbiamo il Responsabile Tecnico del Settore Giovanile dell’ASD Calcio Montenero, Fabio De Risio. Iniziamo a conoscerci meglio, buongiorno Fabio, quanti anni hai e che squadra tifi?
“Buongiorno alla redazione di MonteneroNotizie.net e a tutti i lettori, ho 49 anni e tifo Juventus.”
Che lavoro fai?
“Sono Dirigente Medico Odontoiatra. Lavoro nel reparto "unità di chirurgia orale" dell'Ospedale San Lorenzo di Borgo Valsugana, centro di riferimento regionale dei pazienti con disabilità e patologie sistemiche importanti.”
Quando hai mosso i primi calci?
“Ho iniziato a giocare a 5 anni credo. Mio padre è un grande appassionato di calcio. Negli anni ‘80 si giocava per strada ovunque. Poi i vari tornei con Don Nino e il Montenero esordienti e giovanissimi. 
Da ragazzo ho giocato nelle giovanili delle Acli Campobasso, del Perugia, Campobasso, e Pro Vasto.  A 14 anni i miei genitori mi lasciarono piangendo davanti al cancello della sede del Perugia Calcio. Iniziai un’avventura bellissima.”
Nella stagione 1985/86 facevi parte di una squadra fortissima di giovanissimi, cosa ti ricordi?
“Ricordo ogni singola partita, eravamo davvero forti in ogni reparto e anche le riserve erano buone. Infatti vincemmo quell’anno il campionato provinciale, poi andammo a fare la finale per il titolo di Campioni Regionali, ricordo ancora il gol che feci al Cantalupo nel Sannio, vincemmo 2-0. Poi fummo raggruppati con Marche, Abruzzo e Puglia nelle finali Nazionali a Lanciano, ma finimmo secondi e non andammo avanti, ma è stata un’esperienza meravigliosa.”

Dopo con quali squadre hai giocato da grande? E in quali categorie?
“Quando ho capito che non avrei fatto il calciatore ho intrapreso il mio percorso di studio e approfittato per guadagnare qualche spicciolo nelle categorie minori. Prima categoria e promozione con Montenero, Castelmauro e Palata.”
Quale è stata la gara che ricordi con più affetto?
“La gara che ricordo con più affetto è stata quella del Provino con il Perugia. Ero un bambino, giocai centrale di centrocampo, feci una partita eccezionale, fui pagato 15 milioni.”
E invece quale è stato il campionato che ricordi più volentieri?
“Il campionato che ricordo più volentieri è stato quello studentesco organizzato da Don Nino. Erano partite incredibili, Don Nino era fantastico per noi giovani.”
Ricordi i nomi che Don Nino dava alle varie squadre partecipanti?
“Ricordo Nicche, Olimpia, Universal, Folgore, Sturmtruppen.”
Ad un certo punto hai deciso di non giocare più ad alti livelli, quando è successo?
“Quando ero a Perugia il direttore tecnico che mi aveva scelto Walter Sabatini (grandissimo direttore sportivo), mi chiamò e mi disse "Fabio secondo me non diventerai un calciatore, non hai le doti atletiche per diventarlo. Pensa a studiare". Mi crollò il mondo addosso, ma poi capii che aveva ragione.”
Come ti è venuta la voglia di allenare?
“Il calcio è la mia vita, non fu una scelta allenare, fu una naturale conseguenza di un amore infinito per uno sport. Quello che mi cambiò la prospettiva nell'allenare fu il diploma di allenatore al corso Top della Juventus University. Ho avuto la fortuna di lavorare con i migliori allenatori di settore giovanili ambiente Juventus e Torino, tra cui ricordo il mitico Sergio Vatta.”
A quale allenatore ti ispiri?
“L'allenatore che ho ammirato di più è stato Marcello Lippi. Concreto e intelligente, leggeva le partite come nessun altro. Ha vinto tutto, con buone squadre ma non eccezionali.”
Quando hai deciso di sposare la causa rossoblù e perché?
“Montenero dopo anni in cui sport giovanile è stato letteralmente messo da parte, aveva bisogno di ricominciare con i bambini. C’era il bisogno di mettere al centro del progetto il settore giovanile. Per troppi anni sono stati sperperati soldi solo con la prima squadra. Ed io non sono mai stato d'accordo. In questo progetto ho trovato un ragazzo che ha saputo guardare avanti e con fiducia: il presidente Nicola D'Aulerio. Dopo aver fatto grandi cose con l'ASD Olimpia abbiamo deciso di mettere in piedi un settore giovanile. Per questo sarò sempre grato a Nicola.”

Sei stato l’allenatore di quella squadra fantastica che fece il record di 29 vittorie ed un pareggio?
“Sì, ricordo bene quel periodo, dove tutti quanti eravamo di Montenero, e ricordo ancora con grande affetto la figura dell’indimenticato Adriano Potalivo, sempre presente e disponibile.”

Se dovessi tracciare una linea e fare il punto della situazione, cosa pensi di questo anno?
“Dopo forse più di 30 anni, quest'anno sono stati disputati, ad eccezione del campionato allievi, tutti i campionati di tutte le categorie del settore giovanile. Un risultato incredibile. Grazie ai dirigenti, allenatori, ragazzi e genitori che si sono messi a completa disposizione. Siamo riusciti a calmierare anche i prezzi di iscrizione alla scuola calcio, grazie all'impegno di tutti. Dal punto di vista tecnico dobbiamo crescere, aumentare il numero di allenatori e aumentare le loro competenze per poter lavorare bene con i giovani. Siamo ancora lontani da uno standard accettabile, ma siamo sulla buona strada, inoltre credo che un obiettivo primario per i prossimi anni, sia riunire tutte le scuole calcio di Montenero in un'unica bandiera.”
Oltre al calcio, che hobby hai?
“I viaggi e la musica e a tal proposito, ti racconto un'esperienza magnifica di pochi mesi. Ho fatto una escursione sul lago di Garda, da Pregasina a Punta Larici, che è uno dei posti più panoramici e belli del Garda. Mi sono caricato a zaino la fisarmonica fino a Punta larici dove ho fatto un piccolo concerto. Pochi spettatori, ma hanno apprezzato tantissimo, a dimostrazione che la musica è un grande strumento di allegria e aggregazione.”
Hai un figlio che ama il calcio allo stesso modo di come lo amavi tu… e forse anche più, cosa mi dici di Pietro?
“Come tutti i padri amo mio figlio. Quando facemmo la prima visita alla sua manina, il medico disse: "beh sicuramente non farà il portiere". E invece Pietro tramite la FISPES (Federazione del comitato Paraolimpico) ed è uno dei portieri della rappresentativa Nazionale del Calcio Amputati. Nei raduni fatti con lui e i suoi allenatori, ho capito che la disabilità non è un handicap. Abbiamo imparato insieme, che oltre quello che si vede, ognuno ha mille risorse da mettere in campo, sempre. La sua generosità e capacità di giocare per la squadra lo rende un bimbo felice. Spero un giorno di poter mettere su una società che permetta ai bambini con disabilità di fare sport anche a Montenero. Sono convinto che ci sono sempre mille soli al di là delle nuvole.”

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