MONTENERO DI BISACCIA. In quell'epoca non erano pochi quanti entrando dicevano "così non voglio diventare!". Si riferivano ai culturisti di quei primi anni Ottanta, i cui poster erano attaccati ai muri della prima palestra con pesi di Montenero. Un progetto innovativo, pionieristico. Club body building, questo il nome. Quella che si vuole raccontare è la storia di un'avventura che non è durata molto, ma che è stata l'apripista. Avventura di cui ricorre il quarantennale.
Era la settimana dell'8 dicembre 1983 quando Rolando e Antonino D'Antonio, fratelli, costruirono assieme allo zio Nicola, in quel di Rimini, i primi attrezzi. Lat machine, leg extension, hack squat, panca Scott addirittura, panca addominali... termini che non conosceva quasi nessuno. Macchine strane, frutto di osservazione e progettazione fatte da Rolando su riviste e infine pagando una settimana di allenamento alla storica Atlas di Bologna, ancora in via Oberdan allora. Qui, più che fare esercizi con pesi e macchine, pensò a guardare com'erano fatti gli attrezzi.
Gli schizzi affidati alle esperte mani dello zio fabbro. Il quale aiutò i due nipoti anche a trovare barre di acciaio inossidabile da 25 millimetri da ritagliare e trasformare in bilancieri e manubri, boccole di ottone, cuscinetti e tutto il resto.
Fatte le macchine, occorreva però riportarle in paese e qui venne in aiuto un amico di famiglia: Mario Di Pietro, camionista. Per caso aveva un viaggio in Nord Italia e tornava scarico, si fermò a Rimini, caricò quella strana e ingombrante mercanzia e la riportò a Montenero.
I pesi furono acquistati alla fonderia Di Piero a Lanciano, che aveva gli stampi avendo fornito una palestra di Roma tempo prima. Altri furono addirittura realizzati fondendo in casa il piombo ricavato da vecchi scarichi del bagno. Inconcepibile oggi. I dischi di ghisa furono riportati a Montenero con la Fiat 132 diesel di famiglia, talmente carica da avere il capiente cofano sinistramente vicino all'asfalto.
Per verniciare pesi e macchine fu scelto un colore oro (si pensava al nome Golden Gym inizialmente), preparato con il tintometro di cui era dotato il negozio di papà Aurelio. Prodotto usato il leggendario Bilux della Max Meyer, che prima dell'avvento dei moderni bicomponenti era usato per ritocchi e verniciature complete di macchine.
Fermi di ottone e filettature furono fatti rettificare nel locale Istituto professionale; sembrava tutto pronto per aprire nel gennaio 1984. Il locale per fortuna non mancava, ma era un appartamento non rifinito, a terra soltanto il massetto, i muri senza intonaco con laterizi a vista. La moquette di improbabile colore marrone fu acquistata da Ranucci a Vasto: e chi avrebbe scelto un colore del genere... si accordarono sul prezzo. Le pareti, come detto senza intonaco, furono rivestite con spessi tessuti di jeans forniti dalla sartoria Borgia. Mancavano solo gli specchi, che furono acquistati nella vetreria di Montenero. Altri tempi, i laboratori tessili arrivati da poco erano in pieno boom e c'era persino una vetreria.
Passate le feste di Natale a lavorare per la palestra, a gennaio infine l'apertura.
Fra i monteneresi pochi avevano praticato un ambiente simile. C'era qualche palestra a Termoli, a Vasto e, in generale, era un qualcosa da città . A Montenero si praticava parecchio sport, e di parecchi tipi, ma mancava ciò che è la base per tutti gli altri, oltre che una disciplina a sé come il culturismo.
Arrivarono i primi frequentatori, erano sorpresi nel vedere i poster di Samir Bannout, vincitore del Mr Olympia nel settembre precedente, oppure le gambe esplosive di Tom Platz. E ovviamente non mancava Arnold Schwarzenegger, ritiratosi qualche anno prima col record di vittorie e una carriera cinematografica agli albori. "Guarda che io come quelli non mi ci voglio fare!", questa l'avvertenza più frequente. Tutti quei muscolacci evidenziati dall'olio e dall'abbronzatura, vene in risalto, persino nelle donne culturiste, non piacevano in generale, anche se c'era chi guardava con ammirazione quei fisici estremi. Col passare dei mesi tutti avrebbero capito che nemmeno a volerlo si diventava come Arnold, poiché occorrevano (e occorrono) sacrifici indicibili, oltre che una certa predisposizione genetica e qualcos'altro.
In quell'inizio di 1984 il brano che spopolava era appena uscito e si chiamava Radio ga ga, dei Queen. Nella palestra di Montenero a diffondere quella hit, come tante altre dell'epoca, era una vecchia radio alimentata alla meglio con fili penzolanti. Eppure, nonostante il gracchiare di quel vecchio piccolo altoparlante acciaccato, riusciva a far allenare tutti al ritmo del rullante "effettato" di Taylor e con l'irraggiungibile voce di Mercury. Ci si arrangiava, ma in fondo funzionava tutto.
Il Club body building (scritto separato) annoverò anche donne e in breve divenne un riferimento per chi voleva fare movimento, tenersi in forma, col vantaggio di poterlo fare al chiuso, indipendentemente dal tempo, con orari più elastici, potendo controllare la fatica ecc.
La pratica di attività fisica che non era più appannaggio solo dei giovani e di chi faceva agonismo: una piccola rivoluzione a Montenero.
Nella gestione e manutenzione, oltre ai primogeniti Antonino e Rolando, furono coinvolti anche gli altri due fratelli: Aleardo e Rossano. Un po' ciascuno si garantiva l'apertura cinque giorni a settimana, solo nel tardo pomeriggio. Si saldavano i pezzi, riavvitavano i morsetti sui cavetti d'acciaio, si realizzavano macchinari nuovi, altre panche o rastrelliere.
Come noto, la palestra è una base, un aiuto per tutti gli altri sport e, già all'epoca, campeggiava sui muri un inserto di rivista con l'allora campione di motocross Corrado Maddii, al lavoro su una lat machine. E così anche a Montenero cominciarono ad affiancare l'allenamento con pesi praticanti di altri sport. Un esempio su tutti il ciclismo, con le due società Sc Montenero e Velo club che allora erano attive. Fra i tanti giovani corridori locali, ce n'era uno che si chiamava Mauro Brandone. All'epoca gareggiava nella categoria Juniores, ma qualche anno dopo, memore di quella prima esperienza in palestra, avrebbe cambiato sport e sarebbe diventato un campione di bodybulding in ambito internazionale. Oggi è un apprezzato personal trainer e ricorda ancora con piacere la sua prima palestra.
Certo quegli attrezzi così artigianali non reggevano il confronto con più blasonate realtà . C'erano già i grossi marchi del settore, così uno dei quattro fratelli non si lasciò sfuggire l'intervista a Sergio Oliva, Mr Olympia negli anni Sessanta, che ricordava con tanto di foto di aver cominciato in una cantina, con attrezzi tipo quelli del Club body building di Montenero. Il ritaglio di intervista era mostrato con orgoglio a ogni occasione utile.
La prima palestra di Montenero, l'apripista, frutto della quasi visionaria, sicuramente pionieristica intuizione di Rolando D'Antonio, cessò l'attività nel maggio 1987. Doveva sposarsi, gli serviva l'appartamento che aveva ospitato i pesi per tre anni, questa la motivazione principale.
Nel frattempo molti tabù e pregiudizi verso lo sport con i pesi erano crollati proprio grazie al Club body building, cosa di cui avrebbero beneficiato negli anni a seguire le altre due palestre poi aperte. Forse il grande merito di quella iniziativa resta questo: la primogenitura che ha sfatato miti, fatto scoprire il mondo dell'allenamento al chiuso. Praticabile da tutti, vista l'ampia gamma di esercizi e la modulabilità dei carichi.
Furono in tanti a esortare a non chiuderla, ma mancavano tutti i presupposti e Rolando non ha mai pensato di vendere attrezzi e pesi. Ancora oggi, difatti, ci si allena di tanto in tanto.
Questa per sommi capi la storia dell'approdo dell'allenamento con pesi a Montenero di Bisaccia. Un qualcosa che compie quaranta anni e che, piace pensare, a suo modo ha lasciato il segno.
Nelle foto: in alto l'unica foto scattata (o almeno reperita) degli inizi del Club body building; in basso Rolando D'Antonio in mezzo agli stessi attrezzi oggi